Revoca amministratore di condominio: è obbligatoria la mediazione?

8 Luglio, 2019

Le liti condominiali, sovente, hanno come protagonista proprio l’amministratore. Spesso, infatti, i condòmini sollevano dubbi sulla correttezza nello svolgimento dell’incarico conferitogli. Il più delle volte a sollevare i dubbi sulla diligenza dell’amministratore non è la maggioranza ma, al contrario, uno o pochi condòmini. Come si può revocare il mandato? E’ necessaria la maggioranza degli intervenuti in assemblea? E’ necessario esperire la procedura di mediazione anche in caso di revoca dell’amministratore? Per rispondere ai quesiti passiamo in rassegna alcuni punti essenziali.

Attività di ordinaria amministrazione

Con la legge di riforma del condominio (l. 220/2012), l’art. 1130 cc, stabilisce dettagliatamente le attribuzioni dell’amministratore di condominio. In particolare può compiere solo atti di ordinaria amministrazione in virtù dell’incarico conferitogli. Per gli atti di straordinaria amministrazione è necessaria la delega dell’assemblea o, qualora ricorrano i presupposti della necessità e dell’urgenza, vi è l’obbligo dell’amministratore di riferirne all’assemblea al fine di ottenerne l’approvazione.

La nuova versione dell’articolo 1130 cod. civ., oltre a riprodurre lo schema delle attribuzioni dell’amministratore, amplia i compiti demandati all’organo di gestione inglobando le competenze contenute nei numeri da 5) a 10).

Tra le principali novità si segnala:

1. l’esecuzione degli adempimenti fiscali;
2. la tenuta di nuovi registri obbligatori;
3. la conservazione di tutta la documentazione inerente la gestione del condominio ed i rapporti con i singoli condomini, nonché lo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio;
4. la consegna al condomino che ne faccia richiesta dell’attestazione dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso;
5. la redazione di un rendiconto condominiale annuale di gestione e la convocazione dell’assemblea per l’approvazione entro 180 giorni.

L’articolo in esame è una norma di natura derogabile in quanto non richiamata espressamente dall’articolo 1138, penultimo comma, cod. civ., nuova formulazione. Ciò significa che, l’assemblea dei condòmini o il Regolamento condominiale possono conferire all’amministratore attribuzioni più ampie o impedirgli di svolgere determinate funzioni.

Durata, proroga e revoca dell’incarico

La legge di riforma prevede che l’incarico dell’amministratore duri un anno (art. 1129, comma 10 c.c.), soggetto a un tacito rinnovo per un periodo analogo.
Nel caso in cui la gestione non soddisfi i condòmini, è possibile procedere alla revoca dell’amministratore anche se il mandato non sia ancora scaduto.

La revoca dell’amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea con la maggioranza prevista per la nomina (ossia, numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio, come previsto dall’art. 1136 c.c.) a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo ed inoltre, la revoca può essere disposta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, qualora ricorrano i presupposti stabiliti dalla legge.

Qualora, invece, ricorrano le ipotesi previste agli artt. 1129, comma 11 -12, cc. e art. 1131, comma 4, c.c., anche un solo condomino potrà rivolgersi al Tribunale: in tal caso l’autorità giudiziaria potrà dichiarare decaduto l’amministratore che non potrà essere nominato nuovamente.

Procedimento di revoca dell’amministratore e mediazione come condizione di procedibilità

Gli orientamenti giurisprudenziali in merito sono contrastanti. Vediamo nel dettaglio le varie pronunce.

La Cassazione Civile, sez. VI-2, con l’ordinanza 18/01/2018 n° 1237 ha ritenuto che per la revoca dell’amministratore non è necessaria la preventiva “mediazione obbligatoria” in quanto si tratta di procedimento in camera di consiglio “volontaria giurisdizione”. Con detta ordinanza non ha approfondito nel dettaglio la questione, ma ha osservato il contrasto tra l’art. 71 quater disp. att. c.c. (che include anche il procedimento di revoca dell’amministratore di condominio ex art. 64 disp. att. c.c.) e l’art. 5, d.lgs. 28/2010, che è alquanto chiaro nel disporre che la mediazione non si dovrebbe applicare nei procedimenti in camera di consiglio.

Il Tribunale di Macerata, con decreto del 10/01/2018, ha confermato che, preliminarmente al deposito del ricorso per la revoca dell’amministratore condominiale ai sensi degli articoli 1129 c. 11 c.c. e 64 disp. att. C.C., occorre – a pena d’improcedibilità della domanda – esperire il tentativo obbligatorio di mediazione di cui all’art. 71 quater disp. att. introdotto dall’art. 5 c. 1 D.lgs. 28/2010.

La Corte di Appello di Palermo, seconda sezione civile, con sentenza del 29/6/18, di rigetto del reclamo proposto avverso il decreto emesso dal Tribunale di Palermo nella causa promossa da due condomini per la revoca dell’amministratore di condominio per gravi irregolarità, escludeva l’improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del tentativo di mediazione, ritenendo che: “E’ vero (…) che l’art. 71 quater disp. att. cc. (…) precisa che per le controversie in materia di condominio ai sensi del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, art. 5, comma 1, si intendono tra le altre, quelle degli artt., da 61 a 72 disp. att. c.c., (essendo l’art. 64 disp. att. c.c., relativo, appunto, alla revoca dell’amministratore). Per contro, l’art. 5, comma 4, lett.f (come sostituito dal D.L n. 69 deI 2013, conv. in L. n. 98 del 2013) del D.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, è inequivoco nel disporre che il meccanismo della condizione di procedibilità, di cui ai commi 1 bis e 2, non si applica nei procedimenti in camera di consiglio, essendo proprio il giudizio di revoca dell’amministratore di condominio un procedimento camerale plurilaterale tipico“.

Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione il provvedimento camerale relativo alla nomina o alla revoca dell’amministratore di condominio è di tipo sostanzialmente amministrativo come tale “privo dell’attitudine a produrre gli effetti del giudicato su posizioni soggettive in contrasto, essendo finalizzato solo alla tutela dell’interesse generale e collettivo del condominio alla sua corretta amministrazione. Ne consegue che “nei procedimenti di volontaria giurisdizione in questione non trovano applicazione le regole di cui all’art. 91 c.p.c. e ss., le quali postulano l’identificazione di una parte vittoriosa e di una parte soccombente in esito alla definizione di un conflitto di tipo effettivamente contenzioso” (Cassazione civile, sez. II, sentenza 11/10/2018 n. 25336).

Al di là delle pronunce giurisprudenziali, è consigliabile esperire il tentativo di mediazione al fine di risolvere la controversia in modo celere evitando, altresì, il suo perdurare.

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