La vicenda riguarda una controversia per lo scioglimento, fra quattro coeredi, di una comunione ereditaria – del valore di circa 2 mln di € – sottoposta a Primavera Forense per lo svolgimento di una procedura obbligatoria di mediazione civile, all’esito della quale tutte le parti, assistite dai rispettivi legali, hanno raggiunto un accordo.
Una delle eredi, a breve distanza, non ritenendosi evidentemente più soddisfatta di quell’accordo, ha pensato bene di instaurare una causa per lo scioglimento giudiziale della comunione, chiedendo la nullità e/o l’annullamento dell’accordo di mediazione intercorso tra le parti.
Le parti convenute, ovviamente, hanno subito eccepito l’inammissibilità della domanda giudiziale in virtù dell’accordo raggiunto in mediazione ed omologato per di più dal Tribunale di Roma.
Il Giudice, non solo ha accolto l’eccezione delle parti chiamate, respingendo quindi la domanda attorea, ma ha altresì condannato parte attrice al pagamento di una cospicua somma a titolo di spese legali.
Nella sentenza, peraltro, è chiaramente affermato il principio per cui il termine di tre mesi attualmente previsto dalla legge per la conclusione della procedura di mediazione è strettamente connesso alla condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria, nel senso che la durata massima del procedimento di mediazione è stata stabilità allo scopo di evitare che le parti fossero assoggettate sine die al divieto di rivolgersi all’Autorità Giudiziaria se non dopo aver fatto ricorso alla procedura di mediazione.
Ne consegue che tale limite temporale non può che operare esclusivamente per l’azionabilità delle domande in sede giudiziale e non, viceversa, costituire un limite temporale per la formazione dell’accordo.
Scarica LA SENTENZA