Autonomia negoziale, libertà contrattuale, autoregolamento di interessi, sintagmi giuridici ammalianti che indicano quanto il singolo o i gruppi possano autodeterminarsi pienamente in qualsivoglia rapporto giuridico bi o plurilaterale. Ma è davvero così oppure questa libertà è solo sulla carta ed abbisogna di una specifica conoscenza degli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento per realizzare concretamente la libertà di contrattazione?
Prendiamo l’esempio della clausola di mediazione. Prima di affrontare la tematica specifica ci poniamo una domanda semplice: cos’è la mediazione?
La definizione giuridica ci dice che la mediazione è l’attività professionale svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta che per la risoluzione della stessa.
In pratica accade che due o più parti, assistite dai rispettivi avvocati o consulenti, si incontrano presso un Organismo di Mediazione accreditato dal Ministero della Giustizia per addivenire ad un accordo in cui l’intervento del Mediatore Professionista è assolutamente fondamentale; il suo ruolo di professionista aiuta le parti ad incontrarsi e a trovare una soluzione conveniente per gli interessi in gioco.
Inutile specificare che la mediazione costituisce la migliore risposta alle lunghe e costosissime cause in Tribunale, dove spesso, dopo anni di udienze, si ha difficoltà ad eleggere un vincitore, molto spesso morale.
Ma il discorso appare più ampio perché la mediazione vuole essere non solo un passaggio imprescindibile per chi vuole risparmiare tempo e denaro nella giungla della giustizia civile, ma soprattutto un vero e proprio salto culturale che porti all’approdo denominato «pacificazione» con reciproca soddisfazione dei soggetti coinvolti. In questo senso andrebbero cancellati dai vocabolari termini bellicosi come «avversari», «contendenti», ecc. che tanto sanno di guerra e poco di risoluzione combinata dei problemi che sorgono da un atto di autonomia privata. In effetti, pensandoci bene se le parti regolamentano il contenuto del contratto, perché non decidere di affidarsi ad una giustizia «mite» che aiuti a trovare il punto di equilibrio?
In questo contesto si inserisce la clausola di mediazione. Ma come è strutturata una clausola di mediazione? Eccone un esempio pratico.
Art. Clausola di mediazione civile e arbitrato
Le parti concordano che, in caso di controversia nascente dall’interpretazione ed esecuzione del presente contratto, le stesse daranno corso a un tentativo di conciliazione secondo le disposizioni contenute nel D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28 e D.M. 18 ottobre 2010 n. 180 e, in caso di esito negativo della mediazione, convengono che tale controversia sarà risolta mediante arbitrato rituale di diritto secondo il Regolamento Arbitrale di Primavera Forense, che le parti dichiarano di conoscere e accettare interamente. Il Collegio Arbitrale sarà composto da un arbitro unico nominato in conformità a tale Regolamento.
All’uopo le parti, sin d’ora di comune accordo, designano quale soggetto incaricato di espletare la procedura di mediazione e/o la procedura di arbitrato l’Organismo di Mediazione e Arbitrato “Associazione Primavera Forense”, iscritto al n. 322 del registro tenuto dal Ministero di Giustizia.
N.B. Ovviamente, si può prevedere anche solo la clausola compromissoria.
Dunque, se inseriamo questa clausola in un contratto (o in un atto costitutivo o in uno statuto di una società o di altro ente) sono facilmente intuibili i vantaggi per le parti stipulanti. Il potere negoziale è alla sua massima espressione perché ha una valenza che oltrepassa la determinazione del contenuto del contratto stesso e che va a incidere sulle sorti di eventuali controversie sorgenti dalle parti ed in riferimento allo stesso. Autonomia nel senso etimologico del termine (potere di darsi norme da soli) che rappresenta nella materia litigiosa l’àncora di salvezza dalle pastoie burocratiche e dilazionatrici che sono letali in un campo delicato come quello della contrattualistica.
Interessante notare che la normativa in materia dispone che la domanda di mediazione vada depositata presso un ente iscritto nel Registro degli Organismi di mediazione e che, in caso di più istanze relative alla medesima controversia, la mediazione si svolge davanti all’Organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda. In tale ipotesi, in mancanza di una clausola che specifichi l’ente presso il quale attivare la mediazione, la scelta verrà compiuta dalla parte più solerte con effetti vincolanti nei confronti dell’altra. È insomma conveniente fare una scelta preventiva dell’Organismo di Mediazione di riferimento.
Naturalmente l’opzione di rivolgersi ad un Organismo in luogo di un altro non è di poco conto; scegliere l’ente davanti al quale si svolgerà la mediazione vuol dire infatti stabilire il luogo della mediazione e di quali mediatori si usufruirà e soprattutto a quale Regolamento si aderirà. L’individuazione in via preventiva, tramite apposita clausola, dell’Organismo deputato ad esercitare la mediazione, costituisce dunque una libera scelta che offre piena tutela e garanzia alle parti interessate.
Inoltre, la clausola di mediazione può essere considerata come uno strumento di soluzione anche nell’ambito dell’attività professionale, allo scopo di superare eventuali, e purtroppo frequenti, conflitti con il cliente.
Carlo Cagnetti